Conto fino a dieci. Poi arrivo a quaranta. Poi mi viene in mente la tecnica di Montalbano che recita le tabelline al contrario.
Niente, non funziona.
Sarà che non è mai stato nelle mie corde mollare sui principi (che prima o poi, questo è sicuro, mi faranno fuori alla grande) ma tenere la bocca chiusa non ci riesco.
Ho partecipato ad una degustazione di vini de Le Cantine del Notaio.
In tempi di COVID si fa tutto online, secondo me è una cosa stupenda perché anche gente lontanissima ma interessata può aderire a degli eventi veramente imperdibili e senza la seccatura di spostarsi, di mettersi in ghingheri per la serata ma, ancor meglio, di avere il limite dei partecipanti.
Grande!
Avevo già assistito a cose del genere, gli champagne, le caratteristiche geomorfologiche del Veneto, il cioccolato, le birre, il concetto di terroir, il barolo piemontese.
Ora toccava ai vini della Basilicata. Bellissimo!
Partenza sprintosissima, bottiglie arrivate in tempo e con la giusta temperatura nella mia preziosissima cantinetta, cibarie pronte, insomma era tutto predisposto per la grande serata.
Di solito il programma prevede una presentazione del titolare dell’azienda, come è nata, perché si chiama così, come è arrivato a scegliere certe tipologie di vitigni, quale è la sua filosofia nella vinificazione, quali sono le pratiche in vigna e quali quelle di cantina. Insomma le solite cose che ti raccontano anche quando vai di persona in cantina ad assaggiare, solo che qui lo fai con zoom.
E poi arriva la sorpresa: eh sì, dice, perché io sono anche certificato con Demeter e per me è importante perché tutta la filosofia della biodinamica riflette il rispetto per il territorio che dobbiamo tornare ad avere e che passa per certe pratiche come l’uso del cornoletame, blablabla, l’acqua dinamizzata, blablabla.
I blabla che leggete sono il suono del mio cervello che si disconnette e si rifiuta di ascoltare mettendosi in sciopero.
Cornoletame? Acqua dinamizzata?
Poi nei commenti appare uno, un supporter che durante la spiegazione continuava a fare sìsìsìsì con la testa come i cagnolini che negli anni Settanta, Fantozzi docet, si mettevano sopra il cruscotto posteriore per mandare il guidatore dietro in un posto notissimo e molto frequentato – scusate la lunghissima parentesi canina – uno dicevo che risponde asserendo che il professore (!!!) era stato molto chiaro che le due cose dovevano integrarsi e che nessuno aveva tirato fuori (NON E’ VERO! Odio quando pur di aver ragione si inventano cose che non sono vere!) che la biodinamica era equiparabile alla scienza.
Allora, procediamo con ordine e rigore.
A. Il tizio sostiene di avere 40 dicesi 40 pubblicazioni scientifiche.
Ah, davvero? vado a vedere allora. Ci tengo alla forma.
Il suo cv consta di mezza facciata mezza. Vabbè, ma magari questo non significa niente. Però, strano per uno che dice di aver lavorato come ricercatore presso l’università.
Vabbè ancora, vado a cercare il suo H-index su Scopus e Web of Science: zero. 0. ZERO. Entrambi però riportano almeno una pubblicazione. Allora controllo su Google Scholar, che forse avendo maglie più larghe mi dice qualche cosa in più. E trovo un articolo di quest’anno (!!!) in cui è autore su una rivista, MDPI, che compare su Beallslist in fondo con una nota che chiarisce la posizione specifica:
Multidisciplinary Digital Publishing Institute (MDPI) – I decided not to include MDPI on the list itself. However, I would urge anyone that wants to publish with this publisher to thoroughly read this wiki article detailing their possible ethical/publishing problems.
A voler essere pignoli allora si va a vedere a che si riferisce l’articolo su wiki, piuttosto lungo, e una parte non lascia ben sperare alla sezione Controversies, piuttosto lunghina.
Quindi niente, lasciamo stare il settore delle pubblicazioni, non è andata molto bene, anche se a dire il vero uno che “dichiara” di fronte a 120 persone e cinque o sei docenti sommelier cose che non ha fatto soprattutto in settore accademico già mi indispone assai assai.
Ma intanto, dopo questa cosa, un ricercatore ieri sera è morto.
Vediamo oltre.
B. Vado a controllare sulle bottiglie che mi sono arrivate e in nessuna compare la dicitura Bio. Né biologico, né biodinamico. Niente. L’unica cosa, davvero assai vaga, è che i vitigni sono coltivati “nel pieno rispetto della vita del terreno”. Ah.
Chiedo allora ad un agronomo lumi: ma che è questa cosa? come si deve intendere esattamente?
E lui mi risponde: questo concetto, cioè la vitalità del terreno, in agronomia non ha alcun senso a tal punto che non esiste una definizione che si possa ritrovare nella sua disciplina. Ah, ancora.
Se parli di salvaguardia e di rispetto per l’ambiente o per la natura allora stai parlando di come coltivi, non di un concetto oggettivo ed astratto. Se vogliamo proprio dirla tutta, mi fa, se vuoi proprio salvaguardare l’ambiente non lo tocchi del tutto e basta. E quindi non lo lavori.
Ah, ecco.
C. Passiamo alla certificazione biodinamica. Ricordavo che per avere la certificazione qui in Italia ci sono dei vincoli.
Eh sì, mi fa l’arguto, perché bisogna partire dal fatto che l’unico ente che rilascia la certificazione per la biodinamica è una associazione multinazionale di certificazione privata, nata in Germania che si estende in tutto il mondo e si chiama Demeter …
Qui “privato” significa che esegue valutazioni rispetto a requisiti di propria emanazione e non è accreditato. Questo a differenza di un Organismo di certificazione.
… e che possiede tutto il possibile, copyright incluso, sull’utilizzo di questo nome. Quindi, se in Italia vuoi la certificazione ti rivolgi ad una multinazionale (e tutti sanno, certamente, che un ente così gigantesco lavora senza alcun dubbio gratis et amore dei e che il suo unico scopo è favorire la moltiplicazione delle farfalle e delle erbette di campo, dei pani e pure dei pesci, e di sicuro non pensa a fare budget e presentare bilanci positivi. Infatti, girano tutti con le corone di margherite in testa). Inoltre, sempre qui in Italia, proprio per evitare confusioni ed altro, se vuoi esporre in etichetta e fregiarti del simbolo della multinazionale e parlare di biodinamico, devi per forza prima essere certificato in biologico.
Ah al cubo, a questo punto.
Eh sì, ma fa, perchè se non si facesse così potrebbero usare concimi minerali e principi attivi (e lo farebbero, eccome se lo farebbero!) e quindi straprodurre ma poi chiedere il prezzo del prodotto.
E a riprova di ciò ti dico che in Francia molti biodinamici hanno deciso di non adottare il biologico proprio per poter utilizzare sui campi fungicidi.
E qui morì l’agronomo di cui sopra.
D. Torniamo alla biodinamica come pratica. Lui cita l’acqua dinamizzata e il cornoletame. Partiamo dall’acqua. Ecco l’acqua non fa niente di tutto questo, l’acqua è acqua e non esiste, non si può, non funziona, non è del mondo scientifico – umano e subumano – che qualcuno possa dinamizzarla. Dinamizzare l’acqua è una cosa che concerne la magia, i riti satanici e l’alchimia. Invece, loro dicono che questa roba si ottiene mediante una certa agitazione la quale modificherebbe proprio la struttura stessa dell’acqua. Così dinamizzata, l’acqua è nella condizione di estrarre l’energia o, come dicono loro, la “forza vitale”, che sarebbe contenuta in tutti i principi attivi. Cioè, a dirla grossolana e cercando di semplificare veramente al massimo quello che dice Steiner intorno ai primi decenni del Novecento, uno dinamizza l’acqua che così accoglie in sé energie sovrannaturali che permettono così di poter assumere poteri “estrattori” di forza vitale.
Non mi sono capito bene ma penso che più o meno si possa intuire il livello di idiozia di questa assurda cosa, per di più pagata ad una associazione che ci sta facendo i soldi.
E ora passiamo alla chicca biocosa: il cornoletame. Questo aggeggio è un corno di una mucca che ha partorito per la prima volta riempito di letame. Una volta fatta questa operazione, il corno viene sotterrato con una certa fase lunare e lasciato nel campo per un tot di mesi. Dopodiché si dissotterra, si immerge nell’acqua dinamizzata di cui alla idiozia qui sopra e poi si sparpaglia tutto sul campo.
Una persona sana di mente si potrebbe chiedere per quale cavolo di motivo si debba fare una cosa così assurda: ebbene, Steiner ha la risposta pronta! Si fa così perché il corno di vacca ha la proprietà di convogliare e raccogliere tutta l’energia dell’universo.
E qui, un chimico del suolo spirò poco serenamente.
Alè!
E. E con questa torniamo al vino e alla viticoltura. Durante lo scorrimento delle slides si parla dell’incredibile peculiarità del suolo della Basilicata e del fatto che il tufo è un ottimo serbatoio di acqua per le viti che quindi non hanno grande necessità di andare a cercarla, affondando sempre di più le radici nel profondo.
Inoltre, proprio grazie a questa composizione geologica, anche le piante più antiche hanno radici relativamente corte e ben sviluppate.
E questo significa, udite udite, che non vi è alcuna differenza tra pianta giovane e pianta vecchia e che è sbagliato dire che le piante più vecchie, che so, di sessanta anni producano frutti migliori di quelle più giovani, perché le radici, in Basilicata sono tutte della stessa estensione.
Pensavo di aver sentito male, ma ha ripetuto alcune volte lo stesso concetto.
E qui morirono almeno un paio di viticoltori, un enologo, e tre o quattro sommelier.
E io ho smesso la mia degustazione. Non ce l’ho fatta ad aprire i rossi e ho preferito rimettermi a lavorare ascoltando solo con metà orecchio cosa dicevano i sommelier, meditando però vendetta tremenda vendetta.
Nessun vino imbevuto rimarrà impunito.
Per scrivere questo articolo nessuno scienziato è stato maltrattato o è deceduto. Ci teniamo alla salvaguardia di questa specie in estinzione. Per questo motivo, e anche per i preziosi approfondimenti totalmente scientifici non inficiati da alcuna infezione magica, ringrazio sentitamente il Prof. Pellegrino Conte e il mio agronomo preferito grandi conoscitori delle bufale in campo agrario con i quali condividerò svariate bottiglie per riprendermi dallo shock di ieri.