In cioccolato we trust
Prendiamola alla larga. Accostare alcuni alimenti alla bevanda appropriata a volte può essere un vero problema. Ne sa qualche cosa il vincitore dell’ultimo concorso per miglior sommelier italiano che, all’ultima prova di un esame davvero lungo e difficile, si è visto chiedere di accoppiare un piatto appositamente creato per la competizione da uno chef stellato che comprendeva anche i carciofi. Verdura che, come tutti sanno, è di assai difficile gestione a causa della presenza della cinarina, un polifenolo piuttosto interessante che ha la caratteristica di alterare profondamente la capacità gustativa della lingua (il nome, per altro, vi dice niente?).
Tra gli alimenti “difficili” per i sommelier c’è anche la cioccolata per la quale fino ad alcuni anni fa si mormorava che, a parte i distillati, non ci fosse alcun vino che potesse andare bene.
No ok, sono andata un po’ troppo dritta. Certo, c’erano dei vini che potevano equilibrare bene alcune cioccolate, ma diciamo che in tema vini l’abbinamento è sempre stato abbastanza impervio, questione che quasi sempre viene risolta cercando un buon equilibrio, mai la perfezione.
I punti difficili riguardano l’amarezza e la parte grassa del cioccolato, dovuta alla presenza del burro di cacao.
Ecco qui, quindi, il problema da risolvere a tavola.
Primo esperimento. Ero molto giovane e bevevo quello che gli altri suggerivano essere buon vino. Nessun approfondimento. In questo contesto, per lavoro mi è stato chiesto di organizzare una manifestazione che avesse per tema la pasticceria e in particolare il cioccolato. Una delle sezioni dell’evento prevedeva una serie di workshop con i migliori pasticceri d’Italia e, fortuna, un incontro con il vincitore del campionato di cioccolato italiano di allora. Inoltre, ultimo incontro, una cena per specialisti e professionisti a base di dolci condotta con la presenza di Damiano Maculan come relatore che spiegava gli abbinamenti assieme al suo torcolato.
Sì, mi sono divertita parecchio.
In quell’occasione spuntò fuori il famoso Barolo chinato che assaggiai assieme ad una selezione di cioccolati vari.
Però, niente male direi.
Barolo chinato – Schiavenza
Seconda puntata.
Ormai bevo da un po’ e sono amica di una gentile signora titolare di un locale della cittadina dove vivo. Sa della mia passione per il cioccolato e mi suggerisce di provare Merlino, un vino fortificato prodotto dalla Pojer e Sandri, una cantina superlativa in Val di Cembra, famosa per varie cose tra cui meravigliosi vini trentini, la sua affiliazione ad alcune incisioni di Duerer che compaiono anche nelle loro etichette e questo vino, studiato apposta per essere degustato con il cioccolato.
Ci sarebbe tanto da dire su questa azienda. A partire, per esempio, da lui, il Pojer, che non te le manda a dire se qualche cosa non va (mi dovrò ricordare di raccontare cosa successe con un erbaluce strepitoso che ebbe la malaugurata idea di non farsi conservare come si deve in sua presenza)
Però divagherei troppo, quindi il Merlino: vino rosso da meditazione, fortificato (ecco la parola magica) con brandy prodotto da loro stessi con Schiava e Lagrein oltre che un po’ di Lagarino. Il risultato è un vino violaceo ricco, inteso, denso, con note invasive di frutti rossi e ciliegie. Un gioiellino niente male con cioccolate fondenti, diciamo dagli 85% in su.
Merlino – Pojer & Sandri
Terza puntata.
Ah, mi sono dimenticata di dire che dopo l’esperimento del Merlino sono andata a soggiornare da Pojer in mezzo ai suoi vigneti di schiava su in Val di Cembra. Tre o quattro piccolissimi appartamenti affacciati sui vigneti alla fine di una strada che porta nel nulla delle vigne. Se non lo vedi non puoi pensare che possano esistere posti del genere. Io poi ci sono andata autunno e quindi mi sono trovata in mezzo ad un oceano di foglie gialle e rosse.
Quando si dice trattarsi bene.
Dicevo.
Durante una vacanza a Napoli prenoto in uno dei ristoranti stellati partenopei. Vige la regola, infatti, che ad ogni viaggio, fin dove è possibile, almeno un pasto sia dedicato ad uno stellato del luogo.
Abbiamo optato per il Veritas, anche per la vista spettacolosa sul golfo di Napoli. Cena superba, location di gran lusso. Qualche appunto, forse, sul sommelier non totalmente in sintonia con i tempi delle portate, con lo spiacevole risultato di trovarsi fuori sincrono tra i primi e i secondi. Oltre che, ma questi sono gusti miei, un accoppiamento decisamente sbagliato con la carne. Vabbè, la critica sopra ogni cosa.
Comunque per dessert scelgo un dolce al cioccolato al cucchiaio, i miei preferiti. E lui mi propone un prodotto campano, vino fortificato, con le ciliegie: Don Fa’, della casa di Fabio de Beaumont, vino fortificato e aromatizzato con le foglie delle piante di ciliegio che appartengono ai frutteti della casa.
Il ragazzo qui fa 23 gradi 23, da uve aglianico e barbera.
La fortificazione viene effettuata con l’aggiunta di zucchero e alcol che rassodano il grado alcolico di questo vino e rendono quasi inebriante l’effluvio di amarena, vaniglia e cioccolato che si sprigionano dal bicchiere.
Sì, devo ammetterlo è una vera goduria. Molto invernale a dire il vero, ma l’atmosfera di festa che riesce a sprigionare è davvero intensa.
Don Fa’ – Fabio de Beaumont
Quarta puntata. Ultima, di ieri sera.
Ancora nella prima puntata, quando mi chiedevo cosa si potesse associare al cioccolato, mi era stato anche suggerito che si poteva provare anche con le Ale, alcune erano perfette per accompagnare il cioccolato.
In effetti, frequentando vari corsi, tra vini e birre, è emersa questa cosa di accompagnare certi cioccolati ad alcune birre. Ed ecco qui l’epifania di ieri.
Alla fine del corso di cioccolato uno dei suggerimenti era stato anche quello di provare le fave tostate che si trovano in commercio. Io avevo già degustato frammenti di fave che avevo fatto arrivare dalla Germania qualche anno fa, ma quelle intere da sbucciare ancora non le avevo trovate. Invece ora le ho a casa, assieme a dei cioccolati artigianali al 90% solo con fave criolle. Inenarrabili.
Fave di cacao criollo – Exquisita
Avevo varie opzioni, per esempio – non l’ho citato prima ma la lista sarebbe diventata davvero troppo lunga – un moscato rosa di Franz Haas che, contrariamente a quello che distrattamente si potrebbe pensare, non è affatto un passito come quelli per esempio di Pantelleria o, per rimanere nei passiti rossi, come quello di brachetto Pian dei Sogni di Forteto della Luja (se non lo conoscete dovete colmare la lacuna, veramente interessante).
Oppure ritirare fuori la mia onorata bottiglia di rum riserva di Capovilla (non si trovano quasi più quelle annate e per avere quella bottiglia ho dovuto faticare non poco).
No, niente di così facile e conosciuto.
Apro dalla mia cantinetta una bottiglia di birra croata aromatizzata con fave di tonka, cannella e vaniglia e rifermentata in bottiglia (così aumenta il grado alcolico).
Il nome, un vero programma: Trinity in Black. Una stout con i contro.
12,5 gradi di puro delirio russo (la casa produce assieme ad un’azienda russa). Una densità da sciroppo, un colore nero cioccolato intenso con lievi sfumature quasi amarena.
Al naso un tripudio di aromi dal malto, e quindi anche sentori di caramello, alla ciliegia fino ad un pervasivo cioccolato vanigliato. Coda lunghissima da strascico da sposa imperiale, amara, luppolesca ed elegantissima.
Giuro, mai sentita una cosa così.
In bocca un nettare meraviglioso che faceva a gara col criollo per accalappiarsi gli amari e i dolci delle sezioni della lingua.
Neanche a dire che è finita in un battito di ali di colibrì.
Trinity in Black – Zagovor and Af Brew – 0,33
Da ora non si può più dire che non si sa con cosa abbinare il cioccolato.
Si sa, si sa. Si sa eccome.