Diamo seguito ad un vecchio post che riguardava l’inusuale raccolta dell’asprinio, un antichissimo vitigno campano dalle parti di Aversa, per raccontare la nostra degustazione di una bottiglia di questo cultivar.
Vitigno di basse rese e grappoli alquanto esigui, richiede un saper fare che non si può improvvisare. Salire quei leggeri scalilli per quasi due piani di altezza con le ceste di raccolta non è cosa per tutti.
Il nome del vitigno mantiene le sue promesse nel calice, una acidità intensa e persistente, sia al naso che anche di più in bocca. Agrumi gialli, limone e pompelmo, in primissimo piano accompagnano prima il naso e poi la bocca. A questa segue una nota salina molto interessante che controbilancia con dei sentori di piccoli fiori bianchi la prorompente spalla acida.
Ho scelto questa versione dell’asprinio per il progetto sociale che lo accompagna.
La cooperativa che lo produce, A/B Eureka, sostiene persone in difficoltà e soggetti svantaggiati con progetti agricoli su terreni confiscati alla camorra di Casal di Principe. Vitematta è un loro marchio registrato per questo specifico progetto riguardante l’asprinio.
Esistono varie versioni di questo cultivar, io ho scelto quella ferma ma l’acidità prorompente e complessa di questo vitigno ne fa un soggetto ideale per la spumantizzazione che prima o poi mi piacerebbe degustare.
Belle queste storie che incrociano temi sociali e recupero e cura di autoctoni dimenticati o sottovalutati.