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Quattro chiacchiere con il sommelier: Simone Loguercio – migliore sommelier AIS 2018

Abbiamo ospitato il vincitore AIS 2017 in questo POST.
Ora siamo riusciti a rubare un po’ di tempo al vincitore del concorso nazionale AIS dell’anno successivo – 2018 – per una chiacchierata vinosa.
Simone fin da subito ci ha colpiti per la sua intelligenza poliedrica: quando affronta una cosa, di qualsiasi cosa si stia parlando, lo fa con metodo e genio insieme. Quando parla si avverte sempre un senso di profondità che dà evidenza del fatto che lui si è già fatto quella domanda e ci ha riflettuto ampiamente sopra. La risposta non è mai superficiale, mai scontata.
E ad ascoltarlo si porta sempre a casa qualche cosa. Caratteristiche rare, bisogna ammettere.
E il bello di Simone è che dimostra il suo acume e la sua concentrazione anche solo a guardarlo nei vari filmati che si trovano su youtube mentre affronta l’ultima prova del concorso, il fatidico palco dove, chi riesce ad arrivare, si gioca la partita finale della gara nazionale.

Ciao Simone, grazie per il tuo tempo. So quanto sei impegnato. Ci diamo del tu, vero?

Ma certo!!!

Prima di entrare nella questione “vino” devo farti qualche domanda personale. Ho letto in qualche tua biografia una serie di parole che fanno fatica a stare assieme: “architettura” “bar” “pirata”: ci spieghi come una vita sola riesce ad essere così poliedrica? Che hai fatto di bello prima di diventare sommelier?

Eppure sono parole che hanno fatto e fanno parte della mia vita.
Provengo da studi di Architettura, una grande passione che ho fin da piccolo. Ed è proprio durante gli studi che mi sono avvicinato al bar e alla mixologist, credo sia stato lo spartiacque per il mondo del vino. Fu durante un aperitivo che mi chiesero informazioni su un vino che stavo servendo e non fui capace di darle. E da qui partì la mia formazione e l’iscrizione al corso di sommelier AIS a Firenze. Pirata è un appellativo che mi è stato dato quando ho vinto il primo concorso, il Master del Lambrusco, sia per un punto di vista estetico (la barba nera), sia per una mia caratteristica antropologica, quella di affrontare i concorsi con apparente serenità e tranquillità….e ad oggi me lo porto dietro, e mi piace “il Pirata”, mi sento un po’ Capitan Harlock.

Simone, versione Pirata

Raccontaci bene come ti sei avvicinato al mondo del vino.

Ho iniziato quasi per caso, mentre lavoravo al bancone di un bar. Inizialmente per la voglia di conoscere tutto ciò che mi passava tra le mani, tra cui il vino.
Poi per curiosità, è stato un richiamo, un’attrazione.

Come è stato vincere il concorso nazionale AIS? Te lo aspettavi?

Che gioia!!! Un traguardo rilevante, oltre ogni mia più rosea aspettativa. Ho sempre guardato con ammirazione e adulazione i miei predecessori, pensando allo studio e ai sacrifici fatti per raggiungerlo e chiedendomi se un giorno fossi riuscito ad agguantarlo anch’io, era quasi un’utopia!!!
Ma non ho mai gettato la spugna, mi sono rimboccato le maniche e quel traguardo tanto sognato l’ho raggiunto.

Ho visto la tua finale e si può solo dire che era tutto perfetto: non hai sbagliato niente. Come hai affrontato quella prova, come hai studiato? E come ti sentivi lassù con tutto il pubblico che ti guardava?

Finale miglior sommelier AIS 2018

A dir la verità, tornassi indietro cambierei qualcosa, che rimanga tra noi!!!

Giurin giurella non lo dirò a nessuno! 😉

La finale del Miglior Sommelier d’Italia mi ha davvero travolto emotivamente, in tutti gli altri concorsi sono stato più lucido. Per fortuna sono riuscito a uscirne vittorioso. Come ti dicevo prima è un lavoro lungo, ore di preparazione, anche nello gestire la tensione. Pensa che per un anno intero ho messo la sveglia alle 7:00 per studiare, anche se rientravo da lavoro alle 02:00.

Una cosa che mi chiedo sempre quando vi guardo durante gli esami è: ora, con quella bottiglia in mano, con la commissione che guarda, le telecamere, il presentatore, tutta la platea: a cosa stai pensando esattamente?

É la stessa cosa che mi chiedevo anch’io prima di avvicinarmi a tutto questo. C’é tanta preparazione dietro, ore di studio ed ore di lavoro in sala, che poi è il mio palcoscenico quotidiano. Solitamente non penso a tutto quello che ho intorno, anche se ho piena coscienza di tutto quel che accade, bensì sono focalizzato su ciò che devo fare, per farlo nel migliore dei modi. Pensa che, durante la preparazione del Concorso del Miglior Sommelier d’Italia, ho ripetuto la prova di decantazione a casa per ben 25 volte consecutive, per far sì che il gesto tecnico fosse spontaneo, così da non focalizzarmi su di esso, ma di poter pensare a quello che avevo da dire.

Una carriera fulminante dal 2014 al 2018: in quattro anni hai seguito il corso AIS e hai bruciato qualsiasi tappa. Cosa hai in mente per i prossimi anni?

Ho riflettuto spesso su questo aspetto e mi sono chiesto se davvero ho bruciato o meno le tappe. Ma una risposta l’ho trovata.
Ho sempre affrontato i Concorsi non per fare la comparsa, ma per dire la mia, mettendomi alla prova con me stesso ed arrivare fino in fondo, sperando fino all’ultimo nella vittoria… vero è che non mi aspettavo un’ascesa così rapida.
Ma non c’è un tempo per diventare Miglior Sommelier d’Italia.
Ad oggi sono tanti i progetti che ho in mente, dalla didattica alla comunicazione, oltre ad alcune curiosità in partnership con aziende per me importanti.

Beh, quando fai partire qualche seminario avvisaci che saremo in primo banco!

La tua prima cantina visitata o quella che ti è rimasta più impressa?

Lo sai che non la ricordo!!! Dovrò pensarci…ma sicuramente la prima che mi ha lasciato a bocca aperta è il Castello di Monsanto.

Cantina Castello di Monsanto

Ho letto che sei un grande appassionato di bollicine, tra i vari vini – passione che condividi, da quel che ho sentito, con l’ultimo vincitore nazionale AIS e tuo amico Valentino Tesi -.
Come mai questa predilezione?

La bollicina è energia, spensieratezza, dinamismo, meraviglia, vitalità. É sempre il momento di una bollicina, sia per festeggiare che in caso contrario, sia in caso di vittoria che di sconfitta.

Hai mai pensato di presentarti anche per il Masters of Wine?

A dir la verità no, anche se seguo affascinato.

Ora chiedo a te quello che ho chiesto anche a Roberto Anesi e a Valentino Tesi, tuoi colleghi sul podio AIS: cosa ne pensi del fatto che l’Italia è ormai rimasto l’unico paese – si è fatto superare perfino dalla Croazia – a non avere un suo Master of Wine (non consideriamo Pierpaolo Pietrassi ovviamente che si presenta come UK)?

Penso sia l’approccio al Mondo del Vino, che nei Paesi Anglosassoni è completamente diverso dal nostro. E per noi italiani è più difficile entrarci, ma non impossibile. E poi abbiamo trascurato per tanto tempo le realtà esterne alla nostra e quindi ne paghiamo un po’ le conseguenze. Ma credo che arriverà anche il MW italiano.

Lasciando perdere la parte delle informazioni tecniche e delle capacità di saper gustare e poi descrivere, secondo te quali competenze soft dovrebbe avere un vincitore di concorsi importanti come quello che hai vinto tu? E in più per i concorsi internazionali?

Se tralasciamo le competenze hard (Professionalità, Cultura, Tecnica) direi su tutte la consapevolezza del proprio valore, quindi credere in se stessi. Poi la capacità di adattamento, resistenza allo stress, essere diligenti e attenti a ciò che si fa, capacità comunicativa. Essere curiosi, un grande motore che spinge ad apprendere in maniera continuativa, che da la capacità di riconoscere le proprie lacune e quindi capire dove migliorarsi. Determinazione e intraprendenza.

Ora cosa fai di bello? Qual è il tuo grande progetto ora?

Faccio tante cose. Per questo vorrei essere sempre in grado di svolgere qualsiasi incarico mi si ponga davanti e per far ciò dovrò continuare a studiare, continuare a carpire tutti i segreti di questo mestiere, continuare a incuriosirmi e rimanere stupito da questo infinito e fantastico mondo del vino. Professionalmente sono appagato, perché il mio mestiere mi riserva ogni giorno grandi emozioni ed ogni giorno riesce a mettermi alla prova, ogni giorno non è uguale all’altro, non mi abituo mai alle diverse sensazioni, e quindi mi sento vivo.

So che hai collaborato alla creazione di nuovi bicchieri da vino (ti confesso che dopo aver visto la tua presentazione ne ho acquistati anche io): come è stata l’esperienza di creare qualche cosa di nuovo?

Esperienza entusiasmante, per me nuova. Felice di aver fatto parte di un progetto ed essere stato chiamato in causa per le mie competenze. Ma veder nascere qualcosa che avevi in mente è davvero emozionante, soprattutto se poi è condivisa dagli altri. Spero ci siano nuove occasioni di collaborazione, anche perché la mia mente è in continuo viaggio e quindi ho già altri progetti da metter su carta.

Cambiando argomento: come è mutato – a tuo avviso – il gusto in fatto di vino in Italia, diciamo negli ultimi anni?

Credo si stia cercando sempre di più vini snelli e facili da bere, non per questo semplici. Si cerca la finezza e l’eleganza, senza venir meno alla complessità. Non credo sia il momento delle sovrastrutture.

E in Francia – visto che si parla di bollicine – e anche il resto dei paesi produttori di vino?

Penso sia un discorso generale, vale anche per il resto del mondo.

Che ne pensi della moda del prosecco rosè?

Sinceramente ancora non ho avuto modo di assaggiarlo. Ma ho seguito la roboante notizia della sua nascita e tutte le polemiche seguite, soprattutto dai puristi che vedono sviliti territorio e storia. In attesa di degustarlo credo sia  stata un’ottima mossa commerciale, per un prodotto che ricordo è pur sempre una bandiera indiscussa nel mondo.

Che opinione hai del concetto di terroir?

Sono tutte quelle condizioni che determinano la singolarità e la straordinarietà di un vino in riferimento alla zona di produzione. Fondamentali per la buona riuscita di un prodotto. Il rapporto tra il vitigno, il terreno, l’ambiente pedoclimatico e il lavoro dell’uomo sono essenziali.

Clos de Vougeot

Quale vignaiolo ammiri di più? Puoi scegliere qualsiasi zona del mondo… e raccontaci il perché di questa scelta.

Difficile farti un nome. Ammiro quel vignaiolo che riesce ad esprimere al meglio il terroir. Che porta nel bicchiere il territorio a cui è legato, oltre a se stesso.

Qual è il vino che ti ha emozionato di più nella tua carriera e cosa è riuscito a toccarti l’anima per poterlo ricordare così?

Anche qui è difficile menzionarne uno soltanto. Ma forse ti direi un Sangiovese del Chianti Classico di fine anni ’60, più precisamente del 1968. Il vino che ha acceso in me quella curiosità, quella scintilla che mi ha fatto innamorare di questo mondo. E poi mi ha fatto capire la grandezza di un vitigno legato ad un determinato territorio.

Quando assaggi un vino per la prima volta che cosa cerchi come prima cosa?

Cerco armonia, proporzione, equilibrio. Poi quello che lo lega al territorio di origine o una sua caratteristica che me lo faccia tenere ben presente in mente. E infine tutto quello che c’è dietro la bottiglia: un’azienda, una famiglia, un produttore, un territorio.

Quale vino sceglieresti per una cena ideale e chi vorresti al tuo tavolo per discutere di vino?

Sicuramente una bollicina o un grande vino bianco. E mi sarebbe piaciuto poterla condividere con Luigi Veronelli, una figura fondamentale nella valorizzazione e nella diffusione del patrimonio enogastronomico italiano. Ahimè non ho avuto il piacere di conoscerlo.

Il vino ideale per sedurre (a proposito, a tuo parere uomini e donne seducono con gli stessi vini?)

Per me la seduzione è la Bollicina, che mette d’accordo tutti, uomini e donne.

Champagne o metodo classico?

Trentodoc, da buon italiano!

Se ti fosse reso possibile creare nuovamente una annata storica quale sceglieresti e dove la vorresti produrre?

Posso allargarmi?!?  1988, 1989 e 1990 in Champagne.

Wow! che spettacolo!

Quale varietà di uva – diciamo un autoctono, che non ha senso questa domanda se pensiamo ad uno chardonnay o ad un Cabernet – secondo te meriterebbe più visibilità e andrebbe maggiormente apprezzata?

Il Trebbiano Spoletino.

Il miglior abbinamento cibo vino a tuo parere?

Pizza & Bollicine

Cosa ne pensi della biodinamica?

Credo sia fondamentale ad oggi che la produzione dei vini, e l’agricoltura in generale, si fondi su un’etica di rispetto dell’ambiente e sia in sintonia con la natura, con la terra e gli uomini, che poi è il principio della biodinamica.
Questo però non deve essere il motivo che innalza la qualità oltre il valore stesso del vino.

Grazie Simone, per il tuo tempo, la tua grazia e la tua intelligenza.

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