Intervista con il Professor Pellegrino Conte, professore ordinario di chimica agraria.
D. Il vino è una miscela complessa di acqua, sali minerali e varie sostanze organiche tra cui alcune note per la loro funzione antiossidante. Ci spiega cosa vuol dire e perché sono importanti?
R. Il vino, soprattutto quello rosso, contiene una bella quantità di sostanze quali flavonoli, flavonoidi, antocianine e tannini. Queste molecole, grazie alle loro caratteristiche chimiche, sono in grado di reagire con i radicali liberi, come per esempio l’ossigeno dell’aria che è una molecola diradicale, aumentando il tempo di conservazione degli alimenti che le contengono. La loro funzione nelle piante è quella di rispondere agli stress fisiologici riducendone gli effetti. Per esempio, in uno studio di qualche anno fa in cui sono stato coinvolto anche io, è stato evidenziato come i polifenoli (la classe di molecole a cui appartengono quelle appena menzionate) siano particolarmente importanti nella reazione che le viti hanno quando sono colpite dal mal dell’esca, una patologia causata da un fungo che attacca i vasi linfatici della vite alterando la traslocazione dell’acqua all’interno della pianta.
D. Ed il resveratrolo? È vero che fa bene alla salute e che è grazie ad esso che è valido il detto secondo cui “un bicchiere di vino a pasto fa bene”?
R. Nel 2016 è stato pubblicato un lavoro di review sulla chimica e la biochimica del resveratrolo, una delle molecole più importanti tra quelle con attività antiossidanti. In questo studio è stato evidenziato come essa (assunta in dosi giornaliere pari a circa 12 mg per chilogrammo di peso corporeo) abbia effetti benefici su diverse funzionalità corporee. Il problema è che la concentrazione di resveratrolo nel vino è in media di circa 3 mg/L. Questo significa che se un individuo di 80 kg volesse assumere la dose giornaliera di 12 mg/kg (pari, cioè, a circa 960 mg) solo mediante l’assunzione di vino, ne dovrebbe bere 4 L per chilogrammo di peso corporeo. Stiamo parlando di circa 320 L di vino al giorno. Un po’ eccessivo, direi. Con questo voglio semplicemente dire che, come al solito, è l’equilibrio nell’alimentazione nel suo complesso a dover essere preso in considerazione. Un bicchiere di vino non apporta la quantità di nutrienti a soddisfare le esigenze metaboliche giornaliere. L’unica cosa che apporta è un beneficio legato all’euforia dovuta all’alcol che viene assunto che, ricordiamolo, ha attività cancerogena. Infatti, esso è inserito nel gruppo 1 dello IARC (https://monographs.iarc.fr/agents-classified-by-the-iarc/) assieme ad amianto, aflatossine, plutonio ed altre sostanze tutte pericolose per la salute umana.
D. Parliamo delle lacrime del vino? Come mai quando roteiamo un bicchiere di vino e poi lo lasciamo riposare compaiono delle goccioline che formano degli archetti?
R. È tutta questione di chimica e fisica. In pratica, quando ruotiamo un bicchiere di vino facciamo in modo che un sottile velo di liquido si stenda sulle pareti del bicchiere. L’alcol presente in questo sottilissimo velo evapora più velocemente dell’acqua che è l’altra componente liquida più importante del vino. La conseguenza è che man mano che l’alcol evapora, aumenta la densità del velo sottile. Quando la densità raggiunge un valore limite, la forza di gravità prevale e fa ricadere verso il fondo del bicchiere il velo sottile sotto forma di goccioline.
D. Come mai il numero di archetti cambia col vino?
R. Perché la variazione della densità di cui ho parlato prima dipende dalla concentrazione di alcol nel vino. Più essa è elevata, maggiore è l’incremento di densità conseguente alla evaporazione dell’alcol. Questo comporta un aumento del numero di archetti e, quindi, di “lacrime” che si osservano.
D. Ma il numero di archetti non dipende anche dalla presenza del glicerolo?
R. No. Gli studi fatti alla fine dell’800 da uno studioso italiano di nome Marangoni hanno evidenziato che il glicerolo non è responsabile della formazione degli archetti. La loro origine dipende solo dalla presenza dell’alcol etilico.
D. Cosa pensa dei vini biodinamici?
R. Se sono buoni, non è perché sono biodinamici, ma perché l’enologo di cantina è bravo e sa fare il suo lavoro.
D. Ma cosa vuol dire “biodinamico”?
R. L’agricoltura biodinamica è stata inventata da Rudolf Steiner nella prima metà del Novecento. Si tratta di un tipo di agricoltura biologica ante litteram. Purtroppo, però, invece che basarsi sulle conoscenze scientifiche acquisite fino ad ora, essa si basa su esoterismo, superstizioni e magia.
D. In che senso?
R. Per esempio, pensi che un produttore di vini biodinamici francese ha deciso di vinificare in botti rivestite internamente di oro (https://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2019/02/26/dalla-francia-la-vinificazione-in-oro/61960). E sa perché? Le riporto le testuali parole: “l’oro amplifica i livelli dell’attività del sole durante la prima fermentazione e crea connessioni con l’attività del cosmo”. Questa non è nemmeno fantascienza. La fantascienza si basa su dati scientifici reali e li usa per sviluppare trame verosimili. Ha presente i tablet, i computer ed i cellulari che erano usati in “2001 Odissea nello spazio” e le prime serie televisive di Star Trek? Oppure la tecnologia per ricavare l’acqua potabile descritta in “Dune”? Oggi sono tutte tecnologie comuni ed utilizzate ovunque. Nel caso della vinificazione biodinamica in botti rivestite di oro si tratta di pura superstizione. Questa andava bene nell’epoca dei Cro-Magnon, nel medioevo, ma non oggi.
D. Ma è vero che per proteggere i campi dai topi, Steiner suggeriva di scuoiarli vivi?
R. Sì, con buona pace degli animalisti. Secondo la filosofia di Steiner per proteggere i raccolti dai topi era necessario catturarne uno, scuoiarlo vivo “quando Venere è nel segno dello Scorpione” e bruciare la pelle raccogliendone le ceneri. Queste dovevano, poi, essere diluite omeopaticamente e l’acqua così ottenuta doveva essere sparsa per i campi. Secondo le superstizioni di Steiner, questa azione allontanava i roditori dai raccolti.
D. Insomma superstizioni, come diceva lei.
R. Eh…sì.
Per chi fosse interessato ad approfondire gli aspetti scientifici di questa chiacchierata o ha qualche curiosità sulla chimica del vino, lascio qui nell’immagine il link al blog del professor Conte, che ha anche un profilo facebook assai seguito e piuttosto “movimentato”.
[…] Il vino nella scienza e la scienza del vino. Quattro chiacchiere con il chimico. […]
La demenzialità sembra aver sempre la meglio sulla ragione, solo la divulgazione puntuale e costante può mitigare gli effetti, intanto io mitigo brindando alla nostra amicizia “sintetica” 😉
Grazie Roberto! noi siamo sintetici e anche “naturali” :DDD
Molto, molto interessante.Sono un chimico farmaceutico e la chimica mi affascina in ogni settore…
Complimenti professore
Prof.ssa Irene Coluzzi
Grazie Professoressa, molto gentile.
Io stavo già facendo il calcolo di quanto vino devo assumere secondo il mio peso corporeo, ma capisco che non è il caso…
Grazie a questi articoli, comunque, sto scoprendo cose interessantissime e mi sto avvicinando a un mondo che credevo di conoscere, ma di cui sapevo ben poco. Grazie VinOsa (e grazie al Professore, ovviamente!).
Ma grazie a Lei, gentile Signora del vino: per il suo supporto, per leggerci sempre con attenzione e per la sua partecipazione così attenta.
Grande!
E in alto i calici, sempre! 🙂
[…] Questo ricorda tanto la storia del resveratrolo che fa bene e dunque dovrebbe andare a supporto delle teorie dei fautori della tesi secondo cui “il vino fa bene”, dimenticando, anche qui, che sempre con due calcoli in croce si viene a scoprire che in questo caso di litri di vino bisognerebbe berne la bellezza di 320 al giorno per poter trarne qualche beneficio (ne avevamo già parlato QUI). […]