Oggi facciamo quattro chiacchiere con un’enologa raffinata e preparatissima, la Dottoressa Paola Bambina che sfodera un curriculum sugli scudi che ci fa aguzzare l’ingegno e le orecchie quando la ascoltiamo.
Ci piacciono “assai assai” le persone come lei.
La Dottoressa vanta una laurea in Agroingegneria e una in Viticoltura ed Enologia. Tutti titoli acquisiti tra Palermo, Udine, Bolzano, Padova e Verona.
Per tacer, ovviamente, dell’azienda agricola di famiglia in provincia di Trapani dove si coltivano varietà autoctone.
Ci diamo del tu?
Ma sì, diamoci del tu e iniziamo.
D. Ci racconti un po’ di te e del tuo iter di studi tra i vigneti e i suoli?
R. Da sempre nutro la passione per la natura e per la chimica, che costituiscono le due facce della stessa medaglia. Per questo ho conseguito la laurea triennale in Agroingegneria, con una tesi in chimica del suolo, in cui ho approfondito l’effetto che la porosità dei suoli esercita sulla disponibilità dell’acqua e dei nutrienti per la crescita delle piante. Successivamente, ho conseguito la laurea magistrale in Viticoltura ed enologia, in cui ho approfondito i complessi equilibri chimici che sono alla base della qualità sensoriale dei vini. Attualmente sono una studentessa di Dottorato di Ricerca e sto portando avanti un progetto in cui unisco e integro gli studi della scienza del suolo con gli studi enologici, attraverso un percorso basato sull’investigazione dei terroir vitivinicoli che insistono sul territorio siciliano.
D. Interessante il tema del tuo progetto. Di cosa si tratta più nel dettaglio?
R. Il mio progetto di ricerca si basa sul fatto che varietà di vite uguali coltivate in zone diverse, danno origine a vini con caratteristiche talvolta assai differenti. Basti pensare che nei dintorni di Bordeaux vi sono ben 60 Denominazioni di Origine, la maggior parte delle quali sono costituite dagli stessi identici vitigni, quelli del famoso taglio bordolese. Ma sfido chiunque a sorseggiare un bel calice di Saint Emiliòn e uno di Haut Medoc (tanto per citarne due) e a non rimanere esterrefatti dalla diversità dei prodotti!
Ecco, è questo il concetto che mi affascina particolarmente. Pertanto, mi sto impegnando a studiare quali sono le caratteristiche ambientali e, in particolare, dei suoli che determinano variazioni così profonde nell’espressione aromatica e gustativa di un vino. Questi elementi, di fatto, costituiscono l’espressione dell’identità di un territorio e, nel complesso, formano il famoso terroir, ossia l’interazione tra caratteri fisici e biologici dell’ambiente che creano caratteristiche uniche nei prodotti.
D. Ci spieghi meglio quanto i suoli interagiscono ed influiscono poi sul profilo sensoriale dei vini?
R. Le proprietà organolettiche e sensoriali dell’uva dipendono dall’accumulo di molte sostanze come zuccheri, amminoacidi, acidi organici, composti fenolici (tannini e antociani), aromi, ecc. Il suolo esercita un’influenza molto forte sul processo di maturazione dell’uva e sulla sua composizione chimica. La diversa struttura, tessitura e porosità dei suoli, così come la loro composizione, regolano la disponibilità di acqua, la dinamica dei nutrienti, il drenaggio idrico, la temperatura, ecc. Questi, a loro volta, alterano i processi di sintesi e accumulo (attraverso la regolazione dei geni coinvolti) dei vari costituenti, soprattutto dei polifenoli e degli aromi, creando dei profili sensoriali unici. Anche il colore dei suoli può essere molto importante, perché regola la quantità di luce riflessa che raggiunge le foglie e gli acini. Probabilmente, il vino Chateauneuf du Pape non sarebbe lo stesso se l’uva non fosse coltivata su suoli ricchi di ciottoli bianchi!
Attimo di panico: andiamo sul difficile per chi non è addomesticato a questo tipo di ricerca così di nicchia. Speriamo bene…!
Andiamo avanti.
In ambito enologico, gli studi sugli aromi del vino del Professor Moio e quelli sulla relazione geologia-cultivar del Professor Scienza hanno dato una bella svolta alle conoscenze sulle caratteristiche dei vini italiani. Come si pone il tuo progetto di ricerca rispetto a questi due filoni di ricerca?
Gli studi citati sono praticamente i pilastri su cui si fonda il mio progetto di ricerca.
Gli studi del Professor Scienza sulla relazione geologia-cultivar sono un magnifico esempio di come la scienza del suolo e la cultura del vino si fondano nell’ambizione di comprendere quali siano le origini dei suoli viticoli italiani e quale influsso abbiano sulle caratteristiche dei vini. A questi studi devo la consapevolezza che solo da uno stretto legame tra la vite e la sua zona di produzione nascono i grandi vini.
Gli studi sugli aromi del vino condotti dal professor Moio sono stati fondamentali per una profonda comprensione delle dinamiche della percezione olfattiva e della costituzione aromatica dei vitigni autoctoni italiani. Ho avuto il grande piacere di assistere ad una sua lezione che, superfluo dirlo, è stata fonte di enorme conoscenza e strumento della consapevolezza che, come egli stesso scrive, “un vino che non ha profumo non è altro che una semplice dose di alcol”.
D. Tu hai un’azienda vitivinicola. Che idee hai per il tuo prossimo futuro?
Il mio scopo per il prossimo futuro è produrre dei vini che sappiano esprimere appieno le potenzialità del territorio e che sappiano raccontare la combinazione unica tra clima, suolo, vitigno e tradizione che contraddistingue il terroir vitivinicolo. E questo può essere possibile solo attraverso uno studio profondo del territorio e delle tecniche enologiche. Attualmente il consumatore rifugge una banale omologazione dei gusti e nel calice vuole ritrovare elementi che evocano la storia di una regione vitivinicola e, più nel particolare, la storia di una famiglia, di un enologo, di un agricoltore. Insomma, una sorta di “Madeleine di Proust”, cioè un profumo, un aroma, che evoca un ricordo o una nuova storia da scoprire.
Ci siamo fatti spiegare in che cosa consiste la produzione aziendale e Paola ci ha detto che attualmente conferiscono le uve Grillo, Catarratto e Nero d’Avola ad una cantina sociale ma che, bello bello!, hanno già in progetto di presentare etichette loro con la costruzione di una cantina aziendale. Grandi!
Bello! Le nuove imprese ci piacciono molto 🙂
D. Viste le mode del momento, con un’azienda in biologico cosa ne pensi della biodinamica?
L’agricoltura biologica è nata con lo scopo di evitare l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali ammettendo solo l’uso di sostanze naturali. È bene ricordare però, che tra le principali cause di inquinamento dei suoli e delle falde acquifere vi è il rame che è tra le sostanze naturali di cui il biologico fa largo uso. Inoltre, il rame passa in elevate concentrazioni prima nel frutto e poi nel mosto e nel vino, con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano tossicologico e tecnologico. I nostri vigneti sono attualmente in regime di agricoltura biologica ma, per questi e altri aspetti negativi che stiamo riscontrando nella pratica, stiamo valutando una riconversione all’agricoltura integrata che, utilizzando metodi agronomici, fisici, biologici e chimici secondo uno schema razionale, costituisce la soluzione migliore per un’agricoltura sostenibile. Ricordiamoci sempre che in realtà non esiste agricoltura che non sia “biologica”, ma spesso i termini vengono travisati e privati del loro vero significato.
Per quanto riguarda il metodo biodinamico, personalmente preferisco la saga di J.K. Rowling agli scritti di Steiner! Scherzi a parte, penso che sia una pratica priva di alcun fondamento scientifico, da ascrivere alla magia o all’esoterismo. Basti pensare che è una “pratica spirituale” che prende in considerazione influenze cosmiche e l’uso di particolari preparati (ad es: cornoletame e cornosilice) che, come riporta la loro associazione di certificazione, hanno lo stesso meccanismo di funzionamento dell’omeopatia. Si parla quindi di materiali potenziati, dinamizzazione, memoria dell’acqua, ecc. Tutti concetti che la scienza ha abbondantemente confutato e dimostrato non essere assolutamente veri. Con questo non voglio affermare che il 100% dei prodotti biodinamici non sia valido, ma vorrei ricordare che la natura continua comunque a fare il suo decorso, secondo le leggi della fisica e della chimica, a prescindere dalle “scelte spirituali” dell’uomo.
Vorrei, a tal proposito, terminare con una citazione, a me particolarmente cara, che recita così:
“Per quelli che non conoscono la matematica è difficile percepire come una sensazione reale la bellezza, la profonda bellezza, della Natura. Se volete conoscere la Natura, apprezzarla, è necessario comprendere il linguaggio che essa parla”.
Richard Feynman
Grande Paola, Great Expectations sul tuo lavoro e sulla tua carriera. Abbiamo bisogno di menti creative e acute come la tua: i nostri migliori auguri per il tuo futuro.
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