Vi chiederete cosa mai c’entrerà in un blog scientifico su vino e dintorni il logo dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea (European Space Agency), che campeggia vittorioso qui sopra, in apertura. Beh, anche l’ESA è coinvolta in alcuni progetti che riguardano il vino.
Ad esempio, recentemente abbiamo letto QUI di alcune bottiglie di Petrus (uno dei vini più costosi al mondo) che, dopo un certo periodo di tempo trascorso nello spazio, sono rientrate sulla terra per essere confrontate con le altre simili al fine di capire se l’ambiente spaziale modifica in modo evidente il vino. Lo spazio, quindi, c’entra col vino, eccome.
Abbiamo innanzitutto chiesto l’autorizzazione all’ESA di poter utilizzare qui il loro logo ufficiale (che onore!) e quindi, per iniziare a parlarne, ci siamo rivolti ad un grande esperto, il Professor Dell’Acqua.
Oggi è con noi il Professor Fabio Dell’Acqua dell’Università degli Studi di Pavia. Il Professor Dell’Acqua è un ingegnere elettronico che si occupa, in senso molto generale, di telerilevamento. Andando più nello specifico, la sua attività di ricerca è incentrata sulla osservazione della Terra da piattaforme satellitari, sulla fusione di dati geo-spaziali, sui radar ad apertura sintetica, sulla valutazione dell’esposizione al rischio e della vulnerabilità basata sui dati generati dai sensori citati. La sua attività di ricerca lo ha portato a collaborare anche con la European Space Agency (ESA).
Professore, ci diamo del tu?
Più che volentieri!
La prima domanda è quella classica: da dove nasce la tua passione per l’ingegneria elettronica e, soprattutto, come sei arrivato a collaborare con l’ESA?
In effetti il percorso è un po’ particolare. La passione per l’elettronica la coltivo da bambino, appartengo ad una generazione nella quale l’elettronica era ancora una novità vista con una certa meraviglia, e personalmente mi incuriosiva; ho deciso quindi di intraprendere questi studi una volta arrivato all’università.
Strada facendo, poi, ho avuto la fortuna di incrociare il prof. Paolo Gamba, che proprio in quegli anni stava lavorando alacremente alla creazione di una “scuola” sulla nascente disciplina dell’Osservazione della Terra da satellite. Ho scoperto un argomento che mi affascinava; con lui ho lavorato alla tesi ed ho poi proseguito con un dottorato di ricerca nello stesso ambito.
Dopo una permanenza all’estero, ho avuto l’occasione di rientrare all’Università di Pavia nel gruppo che il prof. Gamba stava costituendo, e non me la sono fatta sfuggire. Da allora, tutto il gruppo nel quale sono rientrato sta lavorando perché anche Pavia possa agganciare l’onda della “corsa allo spazio”, ed in particolare del così detto “downstream”, ovvero servizi innovativi basati sui dati generati dai satelliti, servizi che prima non si potevano proporre perché non esistevano fonti di dati adatte.
Le istituzioni europee stanno investendo risorse enormi per fare dell’UE un precursore della “innovazione spaziale”, assieme ad ESA. In questo contesto era naturale creare un’azienda spin-off accademica, Ticinum Aerospace, il cui ruolo è di trasformare in servizi utili i risultati delle nostre ricerche, valorizzandoli attraverso la creazione di nuova occupazione e di maggior ricchezza sul territorio.
ESA è particolarmente attenta non solo alla ricerca accademica, ma anche all’innovazione industriale specie quando è portata avanti da start-up, quindi era naturale che la collaborazione si estendesse dall’ambito universitario a quello commerciale. Un mio dottorando molto brillante, l’ing. Daniele De Vecchi, nel 2016 ha vinto una competizione d’idee organizzata dall’Agenzia, presentando e sostenendo l’idea che sarebbe poi diventata il progetto Saturnalia (v. per esempio, questo articolo QUI) del quale parleremo in seguito.
Oggi Daniele lavora in Ticinum come socio e capoprogetto per, appunto, Saturnalia.
Ci spieghi in che modo le osservazioni geo-spaziali possono aiutare la viticoltura?
I satelliti possono sostenere il settore vitivinicolo in diversi modi, e sarebbe forse eccessivo cercare di elencarli tutti. Vorrei però richiamare alcuni punti secondo me tra i meno ovvi. Uno, ad esempio, è legato al cambiamento climatico: con il lento aumentare delle temperature medie, non solo cambiano i contesti ideali per la coltivazione delle diverse varietà e la produzione dei diversi vini, ma si sposta anche verso nord la fascia di latitudini utilizzabili per la viticoltura, aprendo nuove opportunità di coltivazione. I satelliti, con i loro estesi archivi di dati ambientali, possono contribuire ad individuare i siti più adatti alla piantagione di nuovi vigneti. Il pregio del satellite, qui come altrove, è la vista praticamente contemporanea su vasti territori, irraggiungibile se si utilizzano altre piattaforme.
Un altro tema, collegato a questo, riguarda la creazione di un “gemello digitale” del vigneto, 3D ed esplorabile, che fornisca una vista d’insieme dei vitigni e dei dati che li riguardano, permettendo di notare aspetti ambientali magari non immediatamente evidenti da una visita sul posto, con un campo visivo necessariamente limitato.
Cosa puoi dire in merito alla risoluzione spaziale? Intendo dire: i satelliti orbitano a circa 400 km dalla superficie terrestre. Come è possibile da quella distanza individuare le differenze spaziali a scala così dettagliata da suggerire il modo opportuno di procedere per l’attività vitivinicola? Non sarebbe meglio usare dei droni che volano più vicini alla superficie terrestre?
È vero che il “punto di vista” del satellite non favorisce la risoluzione spaziale, infatti i dati della costellazione europea Sentinel-2 sono offerti a una risoluzione a terra di circa 10 metri per le bande spettrali che interessano per il nostro lavoro; il drone riesce ad avere un dettaglio spaziale estremamente più preciso.
Dall’altro lato, però, il drone pone molti più problemi di gestione, dovendo essere trasportato sul posto e manovrato da personale competente; soprattutto non fornisce automaticamente e con facilità lunghe serie di misure ripetitive e frequenti come è invece per il satellite, che nel caso delle Sentinelle distribuisce addirittura i dati gratuitamente. Tendo a vedere satellite e droni come strumenti complementari, più che come concorrenti, ognuno dei due ha pro e contro diversi. Per il tipo di informazioni che cerchiamo noi, però, la risoluzione del satellite è accettabile, e gli altri vantaggi che esso ci porta ci interessano più che la risoluzione spaziale in assoluto.
Quindi, in definitiva, la tua attività sembra inserirsi nell’ambito della cosiddetta “agricoltura di precisione”. Ci spieghi l’importanza di questa tipologia di agricoltura in termini di sostenibilità?
L’agricoltura di precisione è un approccio alla coltivazione che può senz’altro favorirne la sostenibilità, permettendo un utilizzo più efficiente delle risorse, ed un ridotto impiego di “correttivi”. Personalmente sono molto interessato al tema delle coltivazioni rispettose dell’ambiente; posso aggiungere che, in parallelo a Saturnalia, in Ticinum stiamo portando avanti un altro progetto in ambito agricolo, denominato “Vialone”, finalizzato alla “tracciabilità satellitare” delle coltivazioni biologiche, con particolare riguardo al riso che è un prodotto tipico della nostra zona.
Per quanto riguarda il settore vitivinicolo, invece, direi che l’attività non ricade appieno nell’agricoltura di precisione; lo sguardo sul vigneto serve in primo luogo a capire cos’è, come “funziona” (mi perdoni il termine da ingegnere…) e cosa ne uscirà, non tanto a rendere la coltivazione più efficiente; anche se quest’ultimo effetto è senz’altro tra i nostri obiettivi secondari.
Considerata la fattispecie così particolare come è lo spazio dove vengono coltivate le viti, lo sviluppo verticale della pianta, l’elevatissima variabilità spaziale e quella varietale in anche pochi decimetri, a tuo parere come è possibile migliorare l’efficacia e l’efficienza di queste tecnologie?
Il compito è sicuramente difficile, ed è ovvio che i satelliti possono svolgerne solo una parte. Perciò ci stiamo interessando all’integrazione con altri tipi di sensori che possano fornire rilevazioni di prossimità. Per il momento, però, è ancora tutto in divenire, per cui non aggiungerei altro sull’argomento.
Ci parli del progetto “Saturnalia”? Cosa è e come aiuta i viticoltori?
Come ho accennato prima, l’origine di Saturnalia risale ad una fortunata partecipazione dell’ing. De Vecchi all’edizione 2016 della “AppCamp”, organizzata dall’Agenzia Spaziale Europea presso la propria sede italiana, a Frascati, poco fuori Roma. La competizione d’idee, che si tiene due volte l’anno, mira a selezionare idee innovative per l’utilizzo dei dati satellitari, con particolare riguardo a quelli prodotti dalle costellazioni europee dette “le Sentinelle”. La squadra di Daniele ha proposto il monitoraggio satellitare delle vigne per predire il livello di qualità del vino che ne sarà prodotto, e l’idea ha vinto.
All’inizio la vittoria ha comportato più che altro soddisfazione personale, con una premiazione ufficiale a cui ha partecipato l’astronauta Luca Parmitano.
La storia avrebbe potuto chiudersi lì, con un bel trofeo da mettere in vetrina, ma fortunatamente Daniele ha deciso di fare dell’idea una realtà coinvolgendo tutto il team di Ticinum Aerospace.
Strada lunga e faticosa, non è proprio come a volte la si vede raccontata, cioè come una buona idea che magicamente diventa una grande azienda; la realtà è fatta di tanto lavoro, incertezza, delusioni. Ci vuole molta fiducia e molta resistenza, e il team Ticinum ha avuto entrambe. Ha vinto un primo finanziamento dall’Agenzia Spaziale Europea, presentando una proposta dettagliata e convincente. Un secondo finanziamento è arrivato dalla Commissione Europea nell’ambito dell’iniziativa “Copernicus Incubation”, per lo sviluppo di applicazioni satellitari innovative; un terzo, attualmente in corso, è arrivato ancora dall’Agenzia Spaziale Europea (sulla quota di fondi proveniente dall’Agenzia Spaziale Italiana), e nell’ambito di quest’ultimo sono comparsi i primi clienti effettivi, e quindi le prospettive di sostenibilità del servizio.
Questa la storia, ma lo scopo di Saturnalia?
Saturnalia è un sistema che raccoglie dati, da satellite e da altre fonti, sui vigneti da vino, ovunque essi si trovino; attraverso opportuni modelli, sviluppati nel corso degli anni e basati su analisi approfondite delle relazioni osservate, tali dati vengono utilizzati per prevedere la qualità del vino che sarà prodotto nella stagione in corso, e le variazioni del mercato conseguenti alla sua introduzione. Gli stessi dati, poi, sono anche utilizzati in un portale apposito per costruire una “esperienza virtuale” del vigneto a beneficio degli appassionati che vogliono conoscere ed approfondire i luoghi d’origine dei loro vini preferiti.
Naturalmente l’idea di prevedere la qualità del vino sembra folle, ed ovviamente ci sono state opposte varie considerazioni che sembrano minare la credibilità del risultato. Ad esempio, una tipica obiezione riguarda il contributo del vinificatore, che ovviamente non è osservabile dal sistema; in realtà, salvo il caso di errori, non prevedibili per definizione, il contributo del vinificatore è “osservato” indirettamente tramite le correlazioni rilevate, ed il suo “schema d’azione” finisce ad essere integrato nel modello, anche se in maniera non intelligibile in linea di principio. Quindi, a meno di rivoluzioni nella produzione, il modello pian piano “impara” il comportamento del sistema produttivo, e prevede di conseguenza.
Diverse altre obiezioni sono state fatte, e purtroppo illustrare perché “nonostante ciò” il sistema ha senso e i suoi risultati sono utili (anche commercialmente) richiede spiegazioni articolate e non immediatamente ricevibili, specie da chi non vuole fare lo sforzo di ascoltare. Per fortuna, però, i clienti hanno capito, ed infatti acquistano il servizio nonostante le critiche.
Come può Saturnalia aiutare i viticoltori? Lasciando da parte l’agricoltura di precisione che, come ho accennato, non è il nostro obiettivo principale, dal punto di vista del viticoltore Saturnalia è soprattutto una vetrina per il proprio prodotto. Per gli appassionati di vino, Saturnalia è un luogo dove si può vivere un’esperienza “virtuale” dell’azienda vitivinicola, avendo l’opportunità di addentrarsi nei segreti delle zone di produzione e delle aziende agricole anche avendo poco tempo a disposizione e volendo però vedere molte realtà diverse. Essere su Saturnalia, per un produttore, significa “esserci” nel momento in cui il potenziale cliente cerca senza saperlo proprio quel vino che il produttore ha da proporre. È significativo il fatto che diversi produttori ci abbiano contattato di propria iniziativa per fornirci ulteriori dati da pubblicare, in modo da avere un profilo più completo. Venendo a temi più vicini al vigneto, Saturnalia ha anche una propria stazione meteo, che condensa le ultime tecnologie in fatto di sensori e non richiede manutenzione, arrivata alla versione finale proprio in questo periodo (dopo un primo collaudo in Oltrepò Pavese, stiamo per effettuare un secondo collaudo “sul campo” nella zona di Champagne); visto che si è parlato anche di sensoristica di prossimità, ci tenevo a fare un esempio…
Come accennato più sopra, letto un rapporto sul progetto “Saturnalia” applicato nella regione del Bordeaux. Ce ne parli?
I rapporti sui raccolti sono uno dei servizi principali offerti da Saturnalia e contengono approfondimenti esclusivi sull’annata, dai più semplici come dati sulle precipitazioni, informazioni sui Gradi Giorno, tendenze delle temperature fino ai più complessi come condizioni dei vigneti e previsione della qualità del prodotto. I dati più avanzati sono ottenuti tramite una combinazione di tecniche “big data”, intelligenza artificiale e tecnologie tradizionali nell’ambito del trattamento del segnale; vengono presentati con l’accompagnamento di una valutazione esperta, che aiuta il lettore a capire meglio il quadro generale, al di là del singolo numero o grafico.
Il rapporto su Bordeaux è stato il primo in assoluto, e quest’anno sarà riproposto, ma ci stiamo preparando ad uscire con offerte analoghe su aree di produzione italiane come Barolo.
Oltre alla regione del Bordeaux, ci sono altre zone in cui i dati “Saturnalia” sono utilizzati? Ed in Italia?
Sì, anche se il numero di zone coperte è ancora piccolo. In Francia è coperta anche la Borgogna, mentre in Italia troviamo le zone del Barbaresco e del Barolo in Piemonte, e del Bolgheri e del Brunello in Toscana. Sei zone possono sembrare poca cosa, ma considera che attualmente vi si trovano indicizzati individualmente circa 260 vini, e questo numero cresce al ritmo di una decina di vini al mese. Il numero di contesti di produzione rimane invece limitato per il momento, perché l’estensione ad un nuovo contesto richiede un’analisi preliminare piuttosto lunga, ed uno studio delle caratteristiche altrettanto dispendioso in termini temporali. Non è permesso improvvisare, stiamo faticosamente costruendo la nostra credibilità, ed un passo falso, una singola previsione sbagliata, possono vanificare mesi di lavoro.
Come avete fatto a coinvolgere gli agricoltori nel progetto “Saturnalia”? e come è stato accolto?
Abbiamo contattato gli agricoltori in vari modi, in alcuni casi si è trattato di contatti diretti, ma molto ha contribuito il fatto di avere come partner di progetto un consorzio vitivinicolo come Terre d’Oltrepò. Da un certo punto in poi, però, sono stati gli agricoltori stessi a cercarci. Alcuni hanno chiesto di poter accedere in prova alla piattaforma di Saturnalia, e ci hanno poi dato utilissime indicazioni per migliorare il servizio. In molti ci hanno dato informazioni più precise sui loro vigneti, permettendoci di migliorare le mappe ed il sistema di previsione. La mia impressione è che abbiano visto in Saturnalia un’opportunità di consolidare la propria presenza nel “mondo virtuale”, di costruire verso il cliente un’immagine di trasparenza mettendogli a disposizione uno “spaccato” dell’azienda e dei suoi vitigni, e di coinvolgerlo più direttamente attraverso una “esperienza virtuale” del vigneto e della produzione.
Per essere onesti, abbiamo avuto anche alcuni casi di accoglienza negativa. In un caso, dalla Francia ci sono state presentate perplessità sul merito tecnico, in modo garbato anche se con tono apertamente critico. Abbiamo dato una risposta tecnica puntuale, e non c’è stato seguito.
In un altro caso, purtroppo, il tono non era altrettanto garbato né ci venivano opposti argomenti tecnici; il mittente, un’azienda italiana, ci ha imposto di togliere immediatamente dalla piattaforma tutti i dati che la riguardavano. Abbiamo cercato di capire quale fosse il problema di fondo e di trovare una soluzione condivisa, ma abbiamo dovuto limitarci ad asciutte comunicazioni per posta elettronica. Se fossi malfidato, potrei pensare che non sempre la trasparenza è gradita, ma sono fiducioso per natura, e non lo penso.
È arrivato il momento della domanda provocatoria: Ipotizziamo che ti fosse messo a disposizione un fondo illimitato da poter gestire un qualche progetto relativo alla vite, senza controlli, senza vincoli, senza dover rendicontare. Cosa faresti?
Se avessi a disposizione fondi illimitati, e libertà di movimento, uscirei dal dominio della scienza per spostarmi su quello sociale. Proporrei una “vigna etica”, dove impiegare persone svantaggiate, che possano trovare nuova spinta vitale nell’occuparsi di una pianta amica come la vite. Della vite mi piace il contrasto tra l’aspetto del tronco e dei rami, che tende a farla apparire vagamente appassita, e la vitalità che invece mostra nel produrre gustosissimi frutti. A me ricorda, come in una metafora, che gli esseri umani possono sembrare a volte modeste creature, sferzate dal destino, ma nascondono spesso risorse giganti. Solo, purtroppo, la vita non gli dà la possibilità di esprimerle, a volte neanche di esserne consapevoli.
Ultimissima: qual è il tuo vino preferito e con chi lo vorresti degustare?
Ci sono diversi vini che mi piacciono, ma in quanto inguaribile affetto da campanilismo pavese non posso non pensare ai vini del nostro Oltrepò. Essi purtroppo non hanno saputo o potuto costruirsi una fama come è successo invece con altre aree di produzione più ricche di spirito imprenditoriale, pur forse a parità di adeguatezza delle condizioni ambientali e di maestria nel vinificare. Bevo quindi volentieri (e in accordo con il concetto del “chilometro zero”) gli spumanti metodo classico dalle nostre colline, a base Pinot nero, dai vigneti più alti. Bollicine persistenti sul “bordo” del calice e gusto consistente al palato. Mi perdoneranno i critici perché non so dare un giudizio più raffinato, ma il riassunto è che mi piace e lo consiglio.
Con chi vorrei gustarlo? Con tutti i collaboratori di Ticinum, con un brindisi “di persona”, perché vorrà dire che saremo tornati a poterlo fare …
Una levata di calici all’egregio lavoro che stanno facendo, ed all’occupazione, di qualità, che il nostro progetto sta portando al territorio pavese, non sempre ricco di queste opportunità.
Ovviamente, sei invitata fin d’ora a partecipare!
Niente mi farà mancare a questa splendida occasione. Grazie per la chiacchierata e davvero buon lavoro a te e a tutto il tuo dream team!